Sotto la lente...

Aldo Visentin nasce a Padova.

Le luci e i colori: Sei sempre stato attratto da tutto questo?

Non direi. Tutto è nato per caso. Verso la metà degli anni 80, fui invitato ad una serata in discoteca e, premetto, non ne ero frequentatore. A quel tempo le discoteche rappresentavano i luoghi dove meglio si trovavano e crescevano tutte le migliori tecnologie per la luce. Fu così che rimasi “folgorato” dai colori e movimenti di luce che accompagnavano la musica. Creare effetti luce che "descrivono" la musica è diventata la mia passione. Esistono altri tipi di discipline nel mondo del lighting design quali la cinematografia o il teatro o la televisione. Sono "mestieri" specializzati che richiedono conoscenze specifiche che ho "toccato" solo in alcune occasioni. Gli eventi di carattere musicale sono quelli su cui più affondo la mia passione ed esperienza.

C'è qualcosa che non ti piace nel lavoro che fai?

“I tempi". Sono spesso imposti da dinamiche più di mercato che artistiche come invece dovrebbe essere. Spesso non viene data l'importanza giusta al ruolo della luce nello spettacolo, e spesso sembra essere una sorta "spesa si cui tagliare". Le produzioni tentano sempre più ad accorciare i tempi e quindi i costi destinati alla luce. Gli spettacoli, nella storia del Rock, meglio riusciti se non "indimenticabili", sono sempre stati quelli dove non si mai scesi a compromessi nella loro complessiva produzione.

L'unico luogo in cui “successo” viene prima di “sudore” è il dizionario...

E' una massima (non mia) nella quale la mia esperienza si identifica. Quando ho mosso i primi passi verso questa professione facevo un mestiere diverso. Mio padre aveva un'azienda e io vi lavoravo come meccanico riparatore di motori. In quel periodo il "tecnico luci" per me era un Hobby. Solo agli inizi degli anni '90 l'hobby divenne professione iniziando con un lavoro più fisico che artistico e cioè negli allestimenti. Poi, piano piano ho raggiunto ruoli più importanti e complessi. Essendo questo, un lavoro non convenzionale, ho dovuto lavorare pazientemente per anni (sapendo aspettare), prima di raccogliere veramente quanto avevo seminato e desiderato...

Sono diverse e significative le tue esperienze professionali. Da Bocelli, De Gregori, passando per Baglioni fino al Festival de Vina del Mar, un “Circus” con grandi nomi, che ti porta a spasso per il mondo.

Dici giusto è tutto molto simile ad un grande circo che si ferma in ogni piazza e propone il suo spettacolo; non è proprio un "andare a spasso" anche se alcune volte è uno spasso. Tutto ha origine dal "passaparola professionale". Sono fondamentali le esperienze con altri professionisti che incontri. Quando si lavora bene insieme e si condividono le stesse soddisfazioni, gioie, problemi, allora spesso si solidificano dei rapporti dai quali nascono nuove esperienze di lavoro e opportunità.

Hai insegnato presso “l'Accademia di Brera” di Milano e “l'Accademia dell'immagine”. Percorsi formativi eccelsi. L'insegnamento dato e ricevuto più importante.

I più importanti insegnamenti che io ho dato bisogna chiederli a chi li ha ricevuti.! Ho tenuto molti corsi sia in Italia che all'estero, li faccio con gioia perché mi diverte. Penso che le ispirazioni e gli insegnamenti più importanti da cui abbia tratto li devo ad un grande maestro della fotografia, Vittorio Storaro, a cui va tutta la mia ammirazione.

E i “Floyd Machine” come sono arrivati?

Come dicevo prima, per passaparola! Arruolato per la realizzazione di una sfilata di Moda presso un hangar dell'aeroporto di Fano, li incontrai per la prima volta in un loro concerto a termine della sfilata stessa. A distanza di qualche anno la medesima organizzazione "ci fece re-incontrare" a Fossombrone in occasione degli eventi Natalizi del 2009 per un altro concerto. Fu così che "molto timidamente" la band cercò di ingaggiarmi con mia somma sorpresa in quanto la musica di Floyd rappresenta un "perno" importante per tutti coloro che come me manipolano la luce.